Il sistema periodico degli elementi

Il sistema periodico degli elementi – di Roberto Fieschi 

L’UNESCO ha proclamato il 2019 “Anno internazionale della Tavola periodica (o sistema periodico) degli elementi” perché è il centocinquantesimo anniversario di questa scoperta, una delle grandi conquiste della scienza, dovuta al chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev (1834 – 1907).

Vediamo di cosa si tratta.

Un elemento chimico è una sostanza semplice costituita da atomi identici, con lo stesso numero atomico (*), quindi anche lo stesso numero di elettroni. Sono elementi chimici, ad esempio, il ferro, il rame, l’ossigeno, l’uranio. Oggi si conoscono 92 elementi naturali (^), più circa 25 elementi creati artificialmente, ma alla metà dell’Ottocento gli elementi naturali noti erano circa la metà. Tutte le cose che ci circondano, vegetali, minerali, animali, quindi noi stessi, siamo formati da alcuni di questi mattoni dell’Universo.

Il sistema periodico organizza gli elementi chimici in una tabella formata da righe (dette periodi) secondo il numero atomico crescente e da colonne (dette gruppi) secondo l’analogia della valenza e di altre proprietà chimiche. Ogni elemento è collocato in una casella contenente il simbolo, il numero atomico e il peso atomico.

Ad esempio la prima riga contiene gli elementi più “leggeri”, di minor peso atomico: litio, berillio, boro, carbonio, azoto, ossigeno, cloro (idrogeno ed elio, i più leggeri, formano una coppia a sé). La prima colonna contiene i metalli alcalini (Li, Na, K, …), la settima gli alogeni (F, Cl, Br, …).

La ricerca dei costituenti fondamentali della materia risale agli albori della filosofia occidentale, ma per due millenni le speculazioni dei filosofi non ebbero basi sperimentali. I nostri ricordi di scuola ci rimandano a Talete, secondo il quale il principio unico e fondamentale è l’acqua, a Empedocle, che allargava l’orizzonte a quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco, a Democrito, che immaginò la materia costituita da particelle indivisibili, gli atomi (&). All’atomismo di Democrito si oppose Aristotele, convinto della divisibilità infinita della materia. La sua filosofia dominò la cultura per quasi due millenni.

La scienza chimica si sviluppò solo a partire dal XVIII secolo, giovandosi anche delle precedenti esperienze degli alchimisti, interessati alla realizzazione della pietra filosofale, capace di trasformare in oro metalli vili. L’alchimia araba aveva individuato, in modo a volte confuso, diversi elementi chimici. Nel corso del secolo, grazie allo sviluppo della chimica analitica, vennero scoperti 15 nuovi elementi chimici. Ma, ancora all’inizio del secolo successivo, i concetti di atomo e di molecola non erano ben distinti.

Nella seconda metà del secolo i filosofi materialisti riaprirono l’interesse per le teorie atomiche, sia pure su base speculativa, ma il padre dell’atomistica chimica è John Dalton (1766-1844). Secondo Dalton esistevano tanti tipi di atomi quanti erano gli elementi chimici – circa cinquanta a quel tempo, cinquanta i mattoni dell’universo.

In base all’osservazione che i pesi atomici di quasi tutti gli elementi sono prossimi a un multiplo intero del peso atomico dell’idrogeno, William Prout nel 1816 avanzò l’ipotesi che l’idrogeno fosse la sostanza primigenia che componeva tutti gli elementi: un’anticipazione sui tempi. Mendeleev non fu il primo a cercare di mettere in ordine i 63 elementi chimici conosciuti all’epoca. Altri si erano resi conto di regolarità nelle proprietà chimiche o avevano cercato di classificarli sistemandoli in ordine di peso atomico crescente. Fra questi, chi più si era avvicinato alla classificazione corretta fu Julius Lothar Meyer, che in seguito riconobbe con onestà la priorità di Mendeleev.

L’idea vincente di Mendeleev fu quella di disporre gli elementi in righe e colonne ordinandoli in base al loro peso atomico e in relazione alle loro caratteristiche chimiche e fisiche, che cambiano gradualmente fino a ripetersi (da qui il termine “periodica” attribuito alla tavola); oggi invece del peso atomico si usa il numero atomico, cioè il numero di protoni nel nucleo di un atomo. Mendeleev enunciò la legge sulla periodicità nel 1869. Ordinando gli elementi secondo il peso atomico crescente, quando incontrava un elemento che aveva proprietà chimiche e fisiche simili a un altro lo metteva in colonna sotto quest’ultimo; ottenne così una tavola di otto colonne e 12 file. In questo modo, venivano quindi evidenziate le proprietà periodiche degli elementi.

Mendeleev lasciò nella sua tabella tre posti vuoti, In corrispondenza del peso atomico 45, 68 e 70, sostenendo che dovevano esistere tre nuovi elementi e prevedendone quindi le proprietà. Entro 15 anni gli elementi previsti furono scoperti: scandio (1879), gallio (1876), germanio (1886). Queste scoperte costituirono quindi la definitiva conferma del valore della tavola periodica. Altri nuovi elementi furono trovati negli anni successivi, sempre confermando le previsioni di Mendeleev.

La vita di Mendeleev fu inquieta. Fu un progressista. Da giovane i contatti con esiliati politici in Siberia, con i contadini e con gli operai gli avevano trasmesso la simpatia per le cause liberali che lo accompagnò per tutta la vita. Da scienziato affermato, utilizzò il proprio prestigio per battersi contro la repressione del regime zarista. La sua ultima lezione universitaria fu interrotta dalla polizia: si temeva che incitasse gli studenti alla rivolta.

E’ stupefacente che la grande scoperta di Mendeleev non sia stata onorata con il Premio Nobel. La spiegazione delle periodicità messe in evidenza dalla Tavola venne solo mezzo secolo dopo, con lo sviluppo della meccanica quantistica.

Per saperne di più:

Salvatore Califano: Storia della chimica. Ed. Bollati Boringhieri, 2016

(*) il numero atomico rappresenta la carica elettrica del nucleo degli atomi, espresso in unità di carica dell’elettrone. Il numero atomico dell’idrogeno è 1, quello dell’uranio è 92.

(^) Per la precisione, sono 91 perché il tecnezio fu ottenuto artificialmente nel 1936.

(&) L’atomismo di Democrito fu sostenuto in seguito da Epicuro e da Lucrezio anche sulla base a osservazioni sperimentali.

 

 

 

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